lunedì 11 aprile 2022

 Storie nella Storia: frammenti di un passato da ricordare
La strage di Monte Carmignano- Caiazzo


Dal Volume « Caiazzo non perdona il Boia Nazista. La strage dimenticata, 13 ottobre 1943 »
di Antimo Della Valle, Edizioni Spartaco.



Nell’ottobre del 1943, per ragioni strategiche, il fiume Volturno divenne decisivo per la realizzazione del piano difensivo tedesco che prevedeva la costruzione di una linea difensiva, (linea Gustav) per ritardare l’avanzata dell’esercito alleato verso nord. Per consentire l’allestimento dello sbarramento difensivo e completare le fortificazioni, soprattutto nella zona di Cassino, Kesselring organizzò una dura resistenza lungo il Volturno sfruttando le pessime condizioni atmosferiche. Il fiume è un vero e proprio ostacolo naturale perché le lunghe piogge creano periodi di piena e rendono il terreno circostante impraticabile. Vi furono aspri combattimenti tra le truppe anglo-americane e i tedeschi che si erano schierati lungo la riva settentrionale del fiume, con l’intento di difendere la linea difensiva. L’attacco della Quinta Armata contro le linee del Volturno iniziò la notte del 12 ottobre e, dopo due giorni di duri combattimenti, gli Alleati riuscirono a superare il fiume e conquistare la città di Caiazzo, un baluardo per la resistenza dei tedeschi che avevano organizzato una difesa efficace formata da unità di retroguardia sparse lungo la dorsale delle colline.


Mentre gli Alleati stavano per oltrepassare il fiume, la sera del 13 ottobre un manipolo di soldati tedeschi, guidati dal giovane sottotenente Wolfgang Lehnigk-Emden, che occupavano una casa utilizzata come posto di comando sul Monte Carmignano, un colle che domina la valle del Volturno, uccisero gli abitanti di un casolare, che si erano rifugiati per sfuggire ai bombardamenti. Fu una strage. Furono annientati due interi nuclei familiari: quattro uomini, sette donne e undici bambini. Le vittime erano dei civili inermi, sospettati di aver lanciato segnali luminosi agli Alleati. I tedeschi li massacrarono con raffiche di mitra per poi straziarne i corpi. Il giorno dopo gli Americani superarono la linea difensiva tedesca sul Volturno e occuparono la cittadina di Caiazzo. Con loro arrivarono i corrispondenti di guerra americani che documentarono la terribile strage. William Stoneman, del Chicago Daily News, salì sul colle, alla periferia di Caiazzo, e dopo aver accertato che si era trattato di un massacro, iniziò a raccontare agli americani che alcuni tedeschi in ritirata verso il fronte di Cassino avevano ucciso donne e bambini, lasciando i corpi ammassati accanto al casolare dove si erano rifugiati. Nella sua lunga corrispondenza raccontò di aver trascorso la giornata più sofferta della sua vita collezionando le «peggiori esperienze che si possono fare in un’intera esistenza».

Stoneman informò il Servizio segreto militare americano dell’accaduto e cominciò a raccogliere elementi in grado di identificare il reparto di appartenenza delle truppe tedesche. Alcuni giorni dopo, l’esercito americano catturò un gruppo di militari tedeschi della terza compagnia del 29° Panzer Grenadier Regiment, tra i quali il responsabile della strage: Wolfgang Lehnigk-Emden, sottotenente di 21 anni. Condotto nel campo di prigionia di Aversa, l’ufficiale della Wehrmacht confessò di aver comandato la spedizione sul Monte Carmignano e di aver ordinato ai suoi soldati di uccidere i civili. Emden fu condotto ad Algeri in un campo di prigionia americano per comparire dinanzi ad una Commissione d’inchiesta, ma nell’agosto del 1945, in circostanze mai chiarite, riuscì a ritornare in Germania. In Italia nessuno conosceva il nome del responsabile della strage e i particolari dell’inchiesta, condotta dal Servizio segreto militare, poiché il Comando della Quinta Armata aveva comunicato di non «trasmettere i risultati alla stampa» per evitare rappresaglie nei confronti dei soldati americani. Ma Stoneman conosceva perfettamente i risultati dell’inchiesta, e quando fu nominato assistente per i crimini di guerra del Segretario Generale delle Nazioni Unite, inserì il nome di Emden nella lista dei criminali di guerra. L’inviato di guerra americano sollecitò il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti per consentire la cattura del responsabile della terribile strage, inviando parte della documentazione raccolta dalla commissione d’inchiesta americana. Dopo una indagine interna, gli americani compresero di non essere in grado di individuare il prigioniero di guerra che nel frattempo era riuscito a rientrare in Germania. Nel luglio del 1946, il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti inviò il dossier sulla strage al Governo italiano, evitando ogni coinvolgimento delle autorità americane responsabili di non aver consegnato il criminale alla giustizia italiana.

Così Stoneman si rivolse direttamente elle autorità italiane: il 10 marzo 1949, scrisse al ministro degli Esteri Carlo Sforza, per informarlo che un criminale di guerra, responsabile dell’eccidio di Caiazzo, era stato rimpatriato e non consegnato alla magistratura italiana. «Caro Conte Sforza, ricorro alla nostra conoscenza nei giorni difficili del 1943 e del 1944 – scrive Stoneman – per chiedere il vostro aiuto per scoprire se e cosa è stato fatto per punire e arrestare il tenente Wolfgang Lehnihk-Emden, quel giovane bruto tedesco che fu responsabile dell’uccisione di oltre venti civili italiani a Caiazzo».
Il Ministero degli Affari Esteri, dopo aver attivato una procedura per verificare i fatti e trasmesso i documenti alla procura generale militare, decise di non rintracciare il responsabile « in considerazione della fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le Autorità Sovietiche per la nota relativa ai presunti criminali di guerra detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss». Il Ministero degli Esteri e la Procura Generale mostrarono una grande preoccupazione per le sorti dei criminali italiani richiesti dal governo dell’Urss e, per non compromettere le trattative in corso con le autorità sovietiche, decisero di non avviare il procedimento penale a carico di Emden. Il fascicolo fu archiviato in un armadio presso il Tribunale Supremo Militare di Roma e sulla strage di Caiazzo si alzò una coltre di silenzio e indifferenza.

Alla fine degli anni Ottanta, un italoamericano appassionato di storia, Joseph Agnone, mentre studiava la guerra sul Volturno, scoprì casualmente a Washington il dossier sulla strage di Caiazzo e inviò il carteggio alla magistratura italiana. Nel gennaio del 1991 la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere avviò un procedimento penale a carico dei responsabili dell’eccidio di Caiazzo. Contemporaneamente anche in Germania fu avviata un’inchiesta che condusse all’arresto dell’ex ufficiale tedesco. Il sostituto procuratore Paolo Albano, che avviò l’istruttoria a carico dell’ex ufficiale tedesco, interrogò l’imputato nel carcere di Coblenza. «Mi trovai di fronte un uomo anziano, all’epoca aveva 70 anni, ma ancora forte ed energico – scrive il magistrato nel Diario di un pubblico ministero zoppicava leggermente poiché era rimasto claudicante per effetto di una ferita di guerra. Affrontò l’interrogatorio con atteggiamento glaciale, non vi fu un solo attimo in cui quest’uomo si sia commosso o abbia tradito un attimo di emozione: appariva impassibile. Mi colpì moltissimo la sua freddezza nel ricordare gli avvenimenti di quelle sera di quasi 50 anni prima […] Non mostrava nessun dispiacere, nessun tipo di pentimento».

Il 18 gennaio 1994 il Tribunale Superiore di Coblenza, sulla base di una sentenza della Corte di Cassazione del 1969, annullò il procedimento penale a carico di Lehnigk-Emden in quanto il reato era caduto in prescrizione. Non solo. Le autorità tedesche non concessero l’estradizione impedendo alla magistrature italiane di trasferire in Italia l’ex ufficiale della Wehrmacht.
Nonostante tutte le difficoltà, la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal procuratore di Cassino, Gianfranco Izzo, il 25 ottobre 1994 condannò all’ergastolo, in contumacia, l’ex tenente della Wehrmacht, Wolfgang Lehnigk-Emden e l’ex serpente Kurt Schuster. «La valutazione complessiva degli elementi acquisiti al processo» – si legge nella motivazione della sentenza «consente di individuare con certezza nell’imputato Lehnigk-Emden il promotore dell’azione delittuosa, ossia come colui che la ideò, ne assunse l’iniziativa e l’attuò in concorso con altri militari offertisi corne volontari». Ancora. «Questa Corte ritiene», scrive il giudice a latere Rosa Maria Caturano, «di poter legittimamente affermare che la condotta criminosa di Emden e Schuster fu tale da costituire un’ignominia indelebile per lo stesso esercito cui essi appartenevano».

Quel 13 ottobre 1943…
di Guido Ambrosino da "il Manifesto" del 9 febbraio 1994.

I dizionari dicono di Caiazzo che sorge “in amena posizione, sulle pendici di un colle che degrada verso il Volturno, a 23 km da Caserta. Il 13 ottobre 1943 i quattromila abitanti del paese si trovarono sulla linea del fronte.
Da Napoli avanzava la quinta armata americana. Sul monte Carmignano si era asserragliata la terza compagnia del 29esimo reggimento dei Panzergrenadier.

Tra loro c’era il tenente Wolfgang Lehnig-Enden, nato il 10 dicembre 1922 a Calau, vicino Cottbus. E rimasta una foto del tenente allora ventenne: un viso liscio da ragazzino, occhialetti di tartaruga. Dalle testimonianze dei subordinati sappiamo che non lo stimavano. Lo studente puntellava la sua vacillante autorità esibendo fanatismo. La compagnia si sentiva in terra nemica. L’8 settembre, 5 settimane prima, l’Italia aveva firmato l’armistizio con gli alleati. La popolazione civile veniva considerata un potenziale avversario, ed il 29esimo reggimento dei granatieri corrazzati si comportava di conseguenza.
Nel diario del reggimento, alla data 16 settembre 1943, si legge che la ritirata procede secondo i piani e si aggiunge: “Fucilati diversi civili per intimidire la popolazione. La sera del 13 ottobre 1943 il tenente Lehnigk-Emden era particolarmente nervoso. Proprio quel giorno il governo Badoglio aveva dichiarato guerra alla Germania, e gli americani incalzavano: nella notte tra il 13 e il 14 i tedeschi lasciarono le posizioni sul monte Carmignano. Poche ore prima della ritirata, il massacro. L’ufficiale crede di vedere segnali luminosi da una vicina masseria. Un riflesso su un vetro che sbatte?  L’ondeggiare di un lume?
Lehnigk-Emden non ha dubbi: per lui quelli sono segnali rivolti agli americani.
Che la quinta armata avesse avuto il tempo di costruire una rete di informatori tra i contadini di Caiazzo é quanto mai inverosimile, tanto più in quei giorni di movimento del fronte. Del resto il casolare non poteva essere visto dalle posizioni americane.
Lehnigk-Emden, che sospetta dappertutto « traditori », irrompe nella casa con un paio di soldati e vi trova 22 persone: le famiglie Perrone, D’Agostino, Palumbo e Massadoro. I quattro capi famiglia vengono trascinati via come « partigiani » e portati al comando di compagnia, duecento metri più in alto. Lehnigk-Emden guida l’esecuzione e ammazza anche unragazzo di 14 anni e 2 donne, che si erano aggrappate i loro uomini e li avevano seguiti.
La scena si imprime nella memoria del granatiere Wilhelm May che, fatto prigioniero dagli americani il 4 novembre con 34 uomini della terza compagnia, racconta il massacro. La sua deposizione, raccolta ad Aversa il 5 novembre 1943, è confermata dal soldato Lella (o Leila), dai caporali Zikorski (o Sikorski: la grafia dei nomi oscilla) e Ligmanovski, dal sottufficiale Richter.  Secondo Wilhe May il tenente dice: laggiù ce ne sono molti altri ancora, dobbiamo fucilarli tutti. Lehnigk-Emden, accompagnato dai sottufficiali Kurt Schuster e Hans Gnass che lo avevano aiutato nella prima carneficina, torna alla prima masseria dove sono rimaste 15 persone : 10 bambini e bambine, la più piccola di 3 anni e, 5 donne e ragazze, la più giovane sedicenne.

I soldati gettano granate dentro casa, dalle finestre. Chi fugge all’aperto viene falciato dai mitra, o massacrato con le baionette e i calci dei fucili. Il granatiere Wilhelm May, nella sua dichiarazione agli americani aggiunge « Io ed un moi compagno ci dicemmo che avremmo dovuto ammazzare Lehnigk-Emden, perché quel che aveva fatto era una vergogna per l’esercito tedesco. I verbali sono redatti da Hans Habe, giornalista di origine austriaca rifugiatosi negli Usa e tornato in Europa con l’uniforme dell’Us Army. Habe interroga anche Lehnigk-Emden, che in un primo tempo ammette solo la fucilazione di quattro uomini, e mente sostenendo di aver avuto l’ordine di fucilarli dal comandante di compagnia Draschke (secondo gli altri prigionieri, a Lehnigk-Emden che sollecitava una rappresaglia Draschke rispose, « non voglio assumermi questa responsabilità », e subito dopo si allontanò per prendere contatto col comando del battaglione.
L’8 novembre Lehnigk-Emden confessa che anche delle donne erano state uccise, ma cerca di giustificarne la morte sostenendo che si erano gettate davanti agli uomini, sulla linea di fuoco. Lehnigk-Emden, trasferitosi in un campo di prigionia in Algeria, viene nuovamente interrogato insieme agli altri testimoni da una commissione d’inchiesta. Riesce a fuggire, anche se con una ferita alla gamba, lo ritrovano gli inglesi, ed una loro nave ospedale lo riporta in Europa.
A Goettingen lo rilasciano per errore. Nei suoi confronti pende già un mandato di cattura, ma un soldato americano ha commesso uno sbaglio nel trascrivere il nome. Invece di Wolfgang Lehnigk-Emden sul documento si legge Wolfgang Lemick. Questa inesattezza gli consente di dileguarsi.  Nessuno conosce un Lemick. Col suo vero nome l’ex tenente si sposa nel 1950 e si trasferisce a Ochtendung, un paese di 4500 abitanti vicino Coblenza. Lavora con un certo successo come architetto e siede nel consiglio comunale (sin dal 1946 si è iscritto alla SPD). Dal 1966 presiede l’associazione che organizza il carnevale a Ochtendung.
Al processo si è arrivati grazie alle ricerche di Giuseppe Agnone, nato in un paese vicino Caiazzo ed emigrato negli Usa nel 1956 e di documenti trovati a Caiazzo dallo storico Giuseppe Capobianco. Negli archivi Usa Agnone trovò i verbali completi degli interrogatori di Aversa e di quelli effettuati in Algeria. Gli atti, classificati come “riservati” (confidenziali) erano stati nel frattempo resi accessibili. II nome del responsabile vi era scritto correttamente. Agnone consegnò le copie alla procura di Santa Maria Capua Vetere. L’Interpol si mosse. Il 15 ottobre 1992 Wolfgang Lehnigk-Emden venne arrestato. Ora, dal 18 gennaio del 1994, è di nuovo libero.