Spesso un’intera città ha pagato per un uomo malvagio- Esiodo
1.
Sono strane le parole,
hanno un peso enorme, ma spesso non ce ne accorgiamo. A scuola studiamo tutte
le categorie: articolo, nome, pronome, verbo, aggettivo. Se ne pronunciano in
media 240 al minuto. Una cifra impressionante. Parole piene, parole vuote. Le parole sono idee, concetti, descrivono,
raccontano, comunicano. Forse ogni tanto bisognerebbe fermarsi e riflettere sul
loro significato, riflettere sull’etimologia, ridare un senso a ciò che si
dice. Ogni singolo vocabolo che esce dalla nostra bocca dice molte più cose di
quanto non si pensi. E può essere frainteso, distorto, male interpretato.
2. Io so Casalese, e tu?
3. Anch’io so Casalese. So nat ‘cca e ‘cca è
semp stata casa mja. Siamo gente semplice, grandi lavoratori. I miei nonni
faticavan ‘a terra, gente povera ma ricca e dignità, che hanno surat assaje pe
mannà i figli a scola, per garantire loro una vita migliore rispetto a quella
che avevo vissuto loro.
2.“Casalese”, con questo aggettivo si dovrebbe
indicare chi è nato a Casal di Principe, invece sappiamo molto bene che questa
parola in Italia, appena pronunciata,
rimanda subito agli esponenti del clan, a delle famiglie di criminali
che hanno fatto la storia recente di una terra antica, bella e paziente, un
tempo prospera e felice.
4. La mia terra è la terra dei Mazzoni, compresa tra il
Volturno e i Regi Lagni. Sapete perché si chiama così? Per i fiori, soprattutto
le rose, che vi crescevano rigogliosi, a mazzi, insieme ad erbe aromatiche
profumatissime, che i Romani chiamavano “Campo stellato”. E’ la terra dove
Annibale portò il suo esercito per sfamarsi e dove i sovrani borbonici
allevavano cavalli pregiati. Che fine ha fatto questa terra bellissima? Oggi è
conosciuta solo come terra di camorra.
5. Se sei nato o vivi dalle parti di Casal di Principe,
Casapesenna, Santa Maria la Fossa, Castel Volturno, Grazzanise, Marcianise,
Villa Literno…, con quei “casalesi” prima o poi la tua traiettoria di vita si
incrocia. Quelli, come te, vivono lì. Frequentano la tuia stessa scuola, la tua
stessa parrocchia, la tua stessa piscina. Si fermano nelle stesse piazze, negli
stessi bar dove ti fermi tu a chiacchierare con gli amici o a prendere un
caffè. Magari abitano affianco alla tua casa, nella tua stessa via.
Casale, la città dei latitanti, dei blitz, dei muti
alti e cancellate, dei bunker dove nascondersi come topi, dei morti ammazzati,
delle strade insanguinate.
6. Eppure c’è gente che
vive lì e con loro non vuole dividere niente. Ci sono, a Casal di Principe, gli
altri Casalesi. E’ gente perbene, i casalesi veri; sono le tante famiglie che hanno visto morire i loro cari per mano
criminale e che avevano tutto il diritto di scappare, ma sono rimasti a
testimoniare il loro essere Casalesi, proprio come Mimmo Noviello, il
protagonista di questa storia.
Parte 2 Il dovere della denuncia
Che
faccia ha un camorrista, lo sai? Dimmi, tu lo sapresti riconoscere? Alto,
basso, brutto e cattivo, con gli occhi truci e l’aspetto crudele. Un guappo con
la coppola e la pistola, uno che a guardarlo incute paura….
Eppure
quest’immagine classica solo in parte risponde alla fisionomia del moderno
camorrista. Ha un aspetto comune, una
faccia normale, come quella del vicino di casa, sì, del tuo dirimpettaio che
saluti ogni mattina e ti chiede gentilmente come stai. Non ci sono elementi
tipici nell’abbigliamento o dell’aspetto fisico che lo rendano riconoscibile
tra la gente. Ma una cosa è rimasta invariata. La crudeltà che si cela dietro
l’aspetto di persona comune, anzi, di persona perbene. Quella crudeltà di chi
non ha rispetto dei diritti e della
dignità delle persone, e non si fa scrupoli a calpestarli pur di ottenere
guadagni facili.
Come
il pizzo. Sei un fornaio? Devi
pagare. Hai un negozietto , un
supermercato, un bar o ristorante? O paghi o ti ritrovi da solo e senza più
nulla. Stessa cosa per qualunque altra
attività, comprese quelle illegali.
E
se qualcuno sceglie la strada della denuncia? Sai cosa direbbero gli altri? Ma
che cosa ha fatto? Non poteva farsi i fatti suoi?! Sempre padri di famiglia
sono… si sceglie la strada dell’omertà.
-
Fratello, noi veniamo e ti facciamo un bel regalo. Lo Stato non
è in grado di tutelarti dai furti, non ti garantisce protezione? Allora ci
pensiamo noi che abbiamo mezzi e uomini
a disposizione.
-
Siamo i benefattori, i protettori dei
commercianti. Tu però devi dare ogni mese una somma di denaro. Che sarà mai in
cambio di tanto servizio…
-
E se non accetto?
-
Cerca di capire, la vita è piena di
pericoli, macchine che vanno a fuoco, minacce di morte, incidenti …
Se decidi di denunciare diventi un problema,
sei un pazzo., non sei buono, non hai capito come funziona.
Se fai il tuo dovere di cittadino e per questo
hai paura, se ti senti in pericolo, ti devi armare.
Temi che ti vengano a cercare, che possano
colpire non solo te, ma anche i tuoi figli, gli affetti più cari.
Allora ti compri una pistola per sentirti più tranquillo, ma
è un’illusione. Devi imparare ad usarla
al poligono di tiro e sperare che il giorno in cui ti verranno a cercare non
arrivi mai. Ma prima o poi arriverà quel giorno e ti chiederanno il conto.
Ti senti come una piccola barca in balia delle onde, una
barca senza motore, né remi né vele, in un mare pieno di pescecani pronti a
divorarti. E tu non puoi fare altro che aspettare, assecondare l’onda e vincerla
al momento giusto.
Anche Mimmo lo sapeva che quel momento sarebbe
arrivato, e come Ettore alle porte Scee era pronto ad affrontare il nemico che
lo avrebbe sconfitto. Dopo è diventato un eroe.
Strana questa società che trasforma in eroi chi
assume comportamenti che altrove, non in terra di camorra, sarebbero
considerati normali. Ma non per questo sono eroi minori.
L’agguato. 16 maggio 2008.
Immagina il sole, l’aria fresca di
una bella giornata di maggio; la primavera brilla nell’aria con i suoi colori e
la natura ravviva con la sua bellezza anche i luoghi più devastati
dall’incuria, dal degrado, dalla bruttezza dell’illegalità. Purtroppo di quel 16 maggio del 2008 non ricordiamo
l’azzurro del cielo limpido e sereno né il verde rigoglioso delle piante; quel
giorno si tinse di rosso.
Mimmo si alzò presto quella mattina, uscì di
casa respirando l’aria frizzante e uscì dal solito cancello. Aveva ormai
l’abitudine di non fare mai due volte la stessa strada, per cui ingranò la
marcia e svoltò a destra imboccando la via Domiziana. Ma quella mattina il suo
destino era segnato; la sua condanna era decisa
e non gli diedero neanche il tempo di fermarsi a gustare il suo ultimo
caffè. Raggiunse la rotatoria che incrocia con via Vasari e pochi istanti dopo
la sua vita cambiò di colpo. Il tempo di un uomo coraggioso si fermò, un uomo
solo, armato della sua dignità.
Tutt’intorno a lui, cosparsi
per terra, proiettili e bossoli. Le esplosioni lo colpirono più volte, mentre
era ancora seduto al posto del guidatore. Con grande sforzo scese dall’auto, ma
il killer lo raggiunse e gli sparò ancora, fino a lasciarlo senza vita
sull’asfalto. 13 colpi, di cui 4 alla testa e 3 al torace, da distanza
ravvicinata. A nulla servì la pistola che aveva comprato e con cui aveva
pensato di difendersi, non fece neppure in tempo ad estrarla.
Sopraggiunse,
intanto, un automobilista, che, credendo di trovarsi di fronte ad un incidente
stradale, si fermò a prestare soccorso e si trovò di fronte ad una scena
infernale. Nessuno intanto era accorso, nelle vicinanze solo un vecchietto con
la sua bicicletta. Nessuno aveva visto o sentito niente, nonostante ci fosse
stata una sparatoria in pieno giorno. I due testimoni interrogati dissero di essere giunti sul
posto dopo l’omicidio ed uno dei due aggiunse che subito dopo era andato a
prendere “un altro caffè” al bar all’angolo. Na tazzulell e cafè: un nuovo modo
di reagire di fronte alla morte.
Neanche i clienti del bar
avevano visto o sentito nulla, mentre i killer si dileguarono in tutta
fretta rintanandosi nel loro covo e
stappando una bottiglia di champagne.
Davanti al luogo dove Mimmo fu
ucciso, ora sorge un alberello di ulivo, simbolo della pace. Dopo tanti anni
quella piantina è diventata un alto albero ma è cresciuto storto, diventando il
simbolo dell’incuria, della distrazione, della noncuranza. Sarebbe bastato
affiancargli un picchetto, un semplice legno, per raddrizzarlo, ma nessuno ci
ha pensato. La stessa incuria che fa
crescere le erbacce intorno al monumento a lui dedicato, che si riempie di
fiori solo a Maggio. Se cercate su Google maps il nome di questa piazza
troverete: Monumento a Mimmo Noviello. Attrazione turistica.
Memoria sbiadita, utile per le
occasioni. Memoria dimenticata. Memoria esibita. Attrazione turistica, come
purtroppo accade anche nei luoghi di memoria.
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