lunedì 22 febbraio 2016

Giornata della Memoria





Il nostro viaggio attraverso la memoria
Narrare è ricordare. Il ricordo è l’arma più potente per contrastare il dilagare dell’oblio e dell’indifferenza.
Questa giornata è stata istituita con tale obiettivo: ricordare la tragedia dell’Olocausto in modo che una follia così atroce non si verifichi mai più.
Insieme ai nostri alunni abbiamo ripercorso le orme di Anna Frank, di Primo Levi, dei bambini di Terezin e di molte altre vittime innocenti che hanno perso la vita nei campi di sterminio nazisti attraverso l’approfondimento di testimonianze di vario genere, quali la lettura di brani tratti dalla narrativa memorialistica, poesie, disegni, visione di film e documentari storici, racconti di sopravvissuti.
Molto importanti le testimonianze di chi si è recato in visita presso i campi di concentramento fornendoci la testimonianza diretta della Storia attraverso le fotografie scattate in quei luoghi e il racconto delle proprie emozioni. Ci siamo chiesti come sia stato possibile che una tragedia come quella della Shoah sia avvenuta nell’indifferenza di molti.
Ci siamo domandati se la storia sia davvero maestra di vita o se in realtà gli uomini non hanno imparato nulla dagli errori dei loro predecessori. Gli avvenimenti della nostra storia più recente, fino ai giorni nostri sembrano confermare questa seconda ipotesi. Conflitti dimenticati, genocidi, fosse comuni, massacri avvengono ancora oggi. Per non parlare di un altro tipo di massacro, più silenzioso ma non meno crudele, quello generato dalla non equa distribuzione delle risorse sul nostro pianeta, che miete ogni anno un numero enorme di vittime.
 Eppure la speranza resta. “L’uomo ha un difetto, può pensare”, dice il poeta tedesco B. Brecht.
Anche noi riponiamo le nostre speranze nella capacità che contraddistingue gli uomini rispetto alle bestie, la capacità di discernere tra il bene e il male e  di operare secondo coscienza.
Ecco il nostro messaggio: “Mai più indifferenza.”

















giovedì 18 febbraio 2016


Progetto di "Lettura e scrittura creativa"

"Per concludere i libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico.
Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in banca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, [...] ci ricordano che non li abbiamo ancora letti, si leggono tenendo la testa come vogliamo noi, senza imporci la lettura fissa e tesa dello schermo di un computer, amichevolissimo in tutto salvo che per la cervicale. [...]
Il libro da leggere appartiene a quei miracoli di una tecnologia eterna di cui fan parte la ruota, il coltello, il cucchiaio, il martello, la pentola, la bicicletta".
Umberto Eco

Video realizzato dagli alunni 





giovedì 11 febbraio 2016

"Noi, voci di donne"

Percorso didattico sulla tematica dei diritti delle donne



1. Il ruolo della donna nelle varie epoche storiche
2. Le lotte per l'emancipazione femminile
3. Le donne nella letteratura (  scrittrici e/o poetesse e figure femminili nelle opere letterarie)
4. La condizione della donna oggi nel mondo
5. Diritti negati alle donne (istruzione, espressione...): Malala Yousafzai
6. La violenza domestica
7. Le spose bambine

Letture dei seguenti brani 
  • G. Leopardi "A Silvia"
  • Renata Viganò: "La partigiana Agnese"
  • Brano tratto da "La terrazza proibita" di Fatema Mernissi
  • Poesie di Alda Merini
  • "Piccole guerriere crescono"- "La storia di Rose"- Il dramma dei bambini soldato

Il ruolo della donna nella storia e nella società




Discorso di Malala alle Nazioni Unite






Cortometraggio sulla violenza domestica

Cortometraggio "Piccole cose dal valore non quantificabile"


LA RAPPER AFGHANA CHE VUOLE SALVARE LE SPOSE BAMBINE

Sonita Alizadeh ha 18 anni e viene dalla provincia afghana di Herat, non lontano dal confine con l'Iran. Confine che ha attraversato con la sua famiglia tanti anni fa, alla ricerca di una vita migliore, lontana dalla guerra.

Aveva dieci anni la prima volta che stava per essere venduta in sposa a un uomo molto più grande di lei. Non capiva bene cosa stesse accadendo. A quell'età sembra tutto un gioco.

È lì l'inganno. Alla bambina si regalano vestiti nuovi, la si trucca e la si coccola, e il giorno dopo lei si ritrova lontana dalla sua famiglia, nel letto di un uomo a volte anche vent'anni più grande. Spaventata, infelice, sola.

Fortunatamente Sonita è riuscita a fuggire da tutto questo. Per altri sei anni.

La famiglia aveva bisogno di soldi per il matrimonio di suo fratello.
“Devo pagare 9mila dollari per la moglie di mio figlio. Sonita è un ragazza perfetta, perché non dovrei ricevere lo stesso per lei?”, si chiedeva la madre, mentre valutava un'offerta da 7mila dollari.
“In quel momento mi si è spezzato il cuore”, racconta Sonita in un'intervista all'organizzazione americana Women in the world.
A sedici anni la tua vita non è più un gioco. Sei abbastanza grande da poter capire quello che sta succedendo. È stato in quel momento che Sonita ha deciso che non si sarebbe rassegnata al suo destino da donna afghana.
“Non mi sono arresa perché avevo immaginato un futuro radioso per me”, sostiene.
Sonita ha preso in mano carta e penna e ha cominciato a scrivere.
Nel nome di questa penna che è la mia arma, e la mia voce che è la voce della mia generazione, lascia che ti racconti la verità, la storia delle donne indifese dell'Afghanistan.
Ma quello che stava scrivendo non era il post di un blog qualunque, né l'inizio di un libro: era il testo di una canzone – una canzone rap.
In Iran è illegale lavorare come cantante solista senza il permesso del governo. Sonita non ha avuto paura. Grazie al sostegno dei suoi amici è riuscita a registrare segretamente le sue canzoni.
I suoi pezzi parlano delle spose bambine, della violenza sulle donne, del lavoro minorile. Tutti argomenti che una ragazza afghana non dovrebbe menzionare, ancor meno denunciare.
Lascia che ti bisbigli le mie parole, affinché nessuno mi possa sentire mentre racconto della vendita di bambine, la mia voce non deve essere ascoltata, perché è contro la sharia, le donne devono restare in silenzio, è questa la tradizione nella nostra città.
Nel video musicale della canzone Vendere le spose in Afghanistan, Sonita ha un codice a barre disegnato sulla fronte, dei lividi neri intorno agli occhi, le labbra sanguinanti. Indossa un abito da sposa e un trucco che non riesce a nascondere le sue ferite, che vanno ben oltre quelle che possiamo vedere sul suo corpo.
Il video è stato condiviso da tantissime ragazze che riuscivano a capire quello che provava Sonita, nonostante magari non avessero avuto il suo stesso coraggio. Qualche settimana dopo la sua pubblicazione, Sonita ha ricevuto l'opportunità di andare a studiare negli Stati Uniti, dove non ci sono Taliban che la minacciano, autobombe che esplodono o divieti sulla libertà delle donne.
Adesso ha 18 anni ed è libera di esprimersi come meglio crede. Ogni volta che si arrabbia, scrive e canta. La musica è la sua terapia, ma come ha detto lei stessa, è anche la sua arma: l'arma con cui ha scelto di cambiare il mondo.
Non è arrabbiata con sua madre per averla voluta vendere.
“Lei, semplicemente, non era a conoscenza che esistesse una realtà differente”, ha detto. “Tra l'altro, mia madre adesso è una mia fan. Se sono riuscita a far cambiare idea alla mia famiglia con la musica, allora forse posso cambiare il mondo”.
Secondo Sonita le ragazze sono forti, ma hanno bisogno di un sostegno. Lei vuole esserlo per tutte quelle che non ce l'hanno.
Sogna di poter tornare in Afghanistan come una rapper già affermata, ma sa che la vita di un'attivista non è affatto facile in un Paese fortemente tradizionalista come il suo.
"Il mio Paese ha bisogno di una ragazza come me”, ha detto con consapevolezza




Women who changed the world

domenica 7 febbraio 2016

Giornata legalità 2016 “ Capaci di libertà”





Percorso didattico previsto in occasione  della giornata della Legalità, 19 Marzo 2016, per le classi  prima, seconda e terza della scuola secondaria di primo grado. L'attività prevede la creazione di un dossier per far conoscere sia i grandi uomini che hanno combattuto contro la criminalità organizzata, sia le vittime innocenti, la cui vita è stata spezzata dalla violenza della camorra, che insanguina ogni giorno la nostra amata terra, la Campania.
Classi terze: “Capaci di Libertà”

Dopo aver approfondito la tematica attraverso la conoscenza delle radici storiche della
criminalità organizzata, le attività tradizionali e quelle più recenti ( es. ecomafie), il riutilizzo
sociale dei beni confiscati, gli alunni si dedicheranno ad approfondire la conoscenza di  un pensatore libero  che ha combattuto la criminalità organizzata  a costo della vita. L'approfondimento avverrà sulla vita, l'operato, le scelte di uomini coraggiosi che si sono ribellati alla criminalità organizzata, in nome dei valori di legalità, giustizia e libertà.
In particolare :

1.       G. Falcone
2.       P. Borsellino
3.       Don Diana
4.       Peppino Impastato
5.       Giancarlo Siani
6.       Don Puglisi
7.       Francesco Imposimato

Punti importanti da trattare per la creazione del dossier:

  • Presentazione personaggio
  • Contesto sociale in cui ha operato
  • Il suo operato: come e perché
  • La scelta di proseguire nonostante le minacce
  • La morte: dove e quando è avvenuta
  • Dopo di lui: il suo coraggio è servito?
  • A noi cosa resta della sua testimonianza?
  • Le nostre responsabilità oggi.

Classi seconde: “Adottiamo una vittima innocente di camorra"

Dopo aver approfondito la conoscenza della tematica,  dei rapporti tra le mafie ed il
 territorio, delle attività illecite attraverso le quali le mafie si arricchiscono, gli alunni
 ricercheranno informazioni sulle vittime innocenti della mafia in Campania,
 scegliendo tra i seguenti nomi:

Annalisa Durante
Mario Diana
Paolo Castaldi e Luigi Sequino
Dario Scherillo
Gelsomina Verde
Paolino Avella
Simonetta Lamberti
Domenico Noviello
Ciro Zirpoli
Filomena Morlando
Rosa Visone, 
Silvia Ruotolo


Classi prime "Affare comune"

Argomenti affrontati:
- Le radici della Mafia
-I tanti volti della mafia e i rapporti con il territorio
- Le attività illecite
- Le associazioni che lottano contro le mafie ( Libera, Collegamento campano contro le camorre...)





Ladridisogni, monologo di Giancarlo Siani



Cortometraggio "Mehari"



Jovanotti: "Giovani contro la mafia"


Testimonianza della figlia di Silvia Ruotolo



http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-bf0f413e-1124-4e00-8bed-120e9511dec9-tg1.html

venerdì 5 febbraio 2016

Giornata del ricordo


10 Febbraio 2016 

" Un paese senza memoria è un paese senza futuro"



Programma:                                                                     

- Visione di “Le foibe” di Roberto Olla da “ Correva l’anno”
- Visione di “Le foibe: testimonianza di Graziano Udovisi” da “La storia siamo noi”
- Visione di “Magazzino 18” di Simone Cristicchi e la sinfonica del Friuli Venezia Giulia
- Visione de “L’esodo da Pola” in “1947” di Sergio Endrigo





Simone Cristicchi " Il cimitero degli oggetti"


S. Endrigo "L' esodo da Pola"
Testimonianza di Graziano Udovisi” da “La storia siamo noi"
Le successive riflessioni in aula
Il giorno del Ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 Febbraio di ogni anno.
Istituita con la legge  del 30 Marzo 2004 n°92, essa vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutti gli italiani vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra e della complesse vicende del confine orientale.
I massacri delle Foibe sono iniziati alla fine della seconda guerra mondiale, con il regime comunista creato nell’ ex Jugoslavia dal maresciallo Tito.
Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale, con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell’Istria che sono stati gettati tanti italiani, vivi e morti, tra il 1943 ed il 1947.
In Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicarono  contro i fascisti e gli italiani non comunisti;  tutte le persone di origine italiana furono considerate fasciste,  massacrate, torturate e gettate nelle foibe.
La violenza aumentò quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l’Istria.  I militari guidati dal maresciallo  Tito si scatenarono contro gli italiani; alcuni riuscirono a scappare, caricandosi tutto ciò che gli apparteneva, tutto ciò che li rendeva felici, ma nulla li avrebbe resi più felici di vivere nella loro terra, dove avevano trascorso la loro vita, dove avevano milioni di ricordi, dove avevano costruito le loro case per la loro famiglia.
Gli italiani che riuscirono a scappare si rifugiarono a Trieste, dove incontrarono altre difficoltà, non furono accettati bene perché la popolazione aveva dei pregiudizi e il timore che fossero fascisti.
Tutto ciò che gli italiani esuli portarono con loro fu conservato in un magazzino, il “magazzino 18”,a Trieste, un luogo particolarmente toccante, contenente oggetti comuni che accompagnarono lo scorrere di tante vite, uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia.
Caddero dentro le foibe fascisti, cattolici, socialisti, uomini di chiesa, tante persone alle quali è stato negato un futuro. Lo racconta Graziano Udovisi, una delle poche vittime sopravvissute a questa carneficina, che testimonia l’odio politico- ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti.
Ci sono persone che dicono che è meglio non ricordare, che è meglio dimenticare queste pagine nere della nostra storia, che si è trattato di una follia che non si ripeterà  più in una società democratica come la nostra.
Ritengo che questo modo di pensare non sia giusto, che sia nascondere la testa sotto la sabbia dell’indifferenza.
È giusto ricordare, è giusto spiegare alle nuove generazioni cosa sia successo, cosa hanno causato avvenimenti terribili  della storia come la tragedia delle foibe e l’olocausto, chiedersi perché non siano stati evitati e soprattutto cosa hanno significato affinché non si possano più ripetere.
Io non ho vissuto la guerra, ma so che è qualcosa di terribile, di irrimediabile, che lacera cuori, paesi e l’intera società, che divide i fratelli e che non cessa con la fine delle ostilità, ma mina l’anima di chi l’ha vissuta.
Questo l’ho imparato da chi ne è stato testimone, da chi non si è nascosto dietro i “non voglio ricordare” o “ non voglio pensarci” , da chi si è preso l’impegno  di insegnare alle generazioni a venire, per dare a noi la possibilità di sapere, di capire, di impegnarci per la pace e l’integrazione, perché tutto quello che loro hanno vissuto non si ripeta mai più.
L’umanità, se vuole continuare a chiamarsi tale, non deve più permettere che ci siano altre vittime delle foibe, un altro olocausto, che al giorno d’oggi avverrebbe con metodologie diverse ma con risultati probabilmente peggiori.
La storia è sempre quella, non possiamo affermare di vivere in una società civile quando pace e benessere sono così precari e si basano solo su delle utopie.
Una società è una comunità di persone che collaborano insieme per il bene collettivo. A dir la verità, chi è che oggi  non pensa ad altro che a se stesso?
Invece no, bisogna ricordare, è necessario aprire gli occhi davanti alla realtà anche se fa male, anche se disgusta, ma dobbiamo capire le cause di tante violenze, che tengono legato  l’uomo al mondo animale e ai suoi istinti crudeli.
Non basta leggere la storia e chiudere il libro, bisogna capirla a fondo, valutare le cause che provocarono gli avvenimenti; solo così, capendo gli errori di chi ha vissuto prima di noi potremmo non commetterli di nuovo.
                                                                                                                               M.F.