10 Febbraio 2016
" Un paese senza memoria è un paese senza futuro"
Programma:
- Visione di “Le foibe” di Roberto Olla da “ Correva l’anno”
- Visione di “Le foibe: testimonianza di Graziano Udovisi” da “La storia siamo noi”
- Visione di “Magazzino 18” di Simone Cristicchi e la sinfonica del Friuli Venezia Giulia
- Visione de “L’esodo da Pola” in “1947” di Sergio Endrigo
Simone Cristicchi " Il cimitero degli oggetti"
S. Endrigo "L' esodo da Pola"
Testimonianza di Graziano Udovisi” da “La storia siamo noi"
Le successive riflessioni in aula
Il
giorno del Ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10
Febbraio di ogni anno.
Istituita
con la legge del 30 Marzo 2004 n°92,
essa vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutti gli
italiani vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani
e Dalmati nel secondo dopoguerra e della complesse vicende del confine
orientale.
I
massacri delle Foibe sono iniziati alla fine della seconda guerra mondiale, con
il regime comunista creato nell’ ex Jugoslavia dal maresciallo Tito.
Le
foibe sono cavità carsiche di origine naturale, con un ingresso a strapiombo. È
in quelle voragini dell’Istria che sono stati gettati tanti italiani, vivi e
morti, tra il 1943 ed il 1947.
In
Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicarono contro i fascisti e gli italiani non
comunisti; tutte le persone di origine
italiana furono considerate fasciste, massacrate,
torturate e gettate nelle foibe.
La
violenza aumentò quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l’Istria. I militari guidati dal maresciallo Tito si scatenarono contro gli italiani;
alcuni riuscirono a scappare, caricandosi tutto ciò che gli apparteneva, tutto
ciò che li rendeva felici, ma nulla li avrebbe resi più felici di vivere nella
loro terra, dove avevano trascorso la loro vita, dove avevano milioni di
ricordi, dove avevano costruito le loro case per la loro famiglia.
Gli
italiani che riuscirono a scappare si rifugiarono a Trieste, dove incontrarono
altre difficoltà, non furono accettati bene perché la popolazione aveva dei
pregiudizi e il timore che fossero fascisti.
Tutto
ciò che gli italiani esuli portarono con loro fu conservato in un magazzino, il
“magazzino 18”,a Trieste, un luogo particolarmente toccante, contenente oggetti
comuni che accompagnarono lo scorrere di tante vite, uno scorrere
improvvisamente interrotto dalla Storia.
Caddero
dentro le foibe fascisti, cattolici, socialisti, uomini di chiesa, tante
persone alle quali è stato negato un futuro. Lo racconta Graziano Udovisi, una
delle poche vittime sopravvissute a questa carneficina, che testimonia l’odio
politico- ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla
futura Jugoslavia i non comunisti.
Ci
sono persone che dicono che è meglio non ricordare, che è meglio dimenticare
queste pagine nere della nostra storia, che si è trattato di una follia che non
si ripeterà più in una società
democratica come la nostra.
Ritengo
che questo modo di pensare non sia giusto, che sia nascondere la testa sotto la
sabbia dell’indifferenza.
È
giusto ricordare, è giusto spiegare alle nuove generazioni cosa sia successo,
cosa hanno causato avvenimenti terribili
della storia come la tragedia delle foibe e l’olocausto, chiedersi
perché non siano stati evitati e soprattutto cosa hanno significato affinché
non si possano più ripetere.
Io
non ho vissuto la guerra, ma so che è qualcosa di terribile, di irrimediabile,
che lacera cuori, paesi e l’intera società, che divide i fratelli e che non
cessa con la fine delle ostilità, ma mina l’anima di chi l’ha vissuta.
Questo
l’ho imparato da chi ne è stato testimone, da chi non si è nascosto dietro i
“non voglio ricordare” o “ non voglio pensarci” , da chi si è preso
l’impegno di insegnare alle generazioni
a venire, per dare a noi la possibilità di sapere, di capire, di impegnarci per
la pace e l’integrazione, perché tutto quello che loro hanno vissuto non si
ripeta mai più.
L’umanità,
se vuole continuare a chiamarsi tale, non deve più permettere che ci siano
altre vittime delle foibe, un altro olocausto, che al giorno d’oggi avverrebbe
con metodologie diverse ma con risultati probabilmente peggiori.
La
storia è sempre quella, non possiamo affermare di vivere in una società civile
quando pace e benessere sono così precari e si basano solo su delle utopie.
Una
società è una comunità di persone che collaborano insieme per il bene
collettivo. A dir la verità, chi è che oggi
non pensa ad altro che a se stesso?
Invece
no, bisogna ricordare, è necessario aprire gli occhi davanti alla realtà anche
se fa male, anche se disgusta, ma dobbiamo capire le cause di tante violenze,
che tengono legato l’uomo al mondo
animale e ai suoi istinti crudeli.
Non
basta leggere la storia e chiudere il libro, bisogna capirla a fondo, valutare
le cause che provocarono gli avvenimenti; solo così, capendo gli errori di chi
ha vissuto prima di noi potremmo non commetterli di nuovo.
M.F.