Luigi Pirandello
Luigi
Pirandello è uno degli esponenti più rappresentativi della letteratura italiana e insieme agli
altri autori Pascoli, D’Annunzio e Svevo rappresenta la corrente del
Decadentismo europeo, di cui rielabora in maniera personale alcuni aspetti
molto significativi
Pirandello
fu autore di romanzi, novelle e testi teatrali dove trovano espressione tutte
le sue idee e in particolar modo il
senso di solitudine nell’uomo del primo Novecento che, dilaniato da guerre e dittature, non offre né
certezze né punti di riferimento.
Attraverso
le sue opere egli comunica al lettore le sue idee sulla vita, l’ uomo e la
realtà lasciando un messaggio di pessimismo legato all’idea dell’infelicità e
dell’incomunicabilità dell’uomo moderno.
Per
questo motivo Pirandello esprime appieno la crisi dei valori del suo tempo e la
mancanza di punti di riferimento che contraddistingue tutti gli artisti
decadenti.
Egli
aveva avuto modo di leggere e studiare molte opere di autori italiani e stranieri, e nel suo
percorso di studi in Germania, aveva conosciuto la cultura europea e tutte le
nuove idee che circolavano in quel periodo.
In
particolare fu influenzato dalla teoria della relatività elaborata da Einstein,
secondo la quale nessun fenomeno della realtà può essere conosciuto in maniera
oggettiva, cioè valida per tutti gli
uomini, ma tutto dipende dal soggetto che percepisce e dal punto di vista da cui si osserva la
realtà.
Questa
teoria si diffonde in Europa agli inizi del ‘900 con la conseguenza che viene a
mancare ogni certezza, non c’è più nulla in cui credere , né la fede religiosa
né la scienza.
Questa
teoria non riguarda solo i fenomeni fisici e naturali, ma anche l’uomo, come dimostrato dagli studi di Freud che
aveva individuato nella personalità umana tante sfaccettature, alcune evidenti
e mostrate agli altri, altre tenute nascoste, come quella degli istinti.
Pirandello
ebbe modo di conoscere la teoria freudiana della psicoanalisi anche in seguito
ad un avvenimento tragico che colpì la
sua famiglia, la malattia mentale della moglie, che fece nascere in lui il
desiderio di approfondire gli studi sulla psiche umana.
Così
elaborò la teoria della maschera, secondo la quale ogni individuo per vivere in
società ed essere accettato dagli altri, tende ad indossare una maschera,
mostrando solo quella parte di sé che gli altri apprezzano.
Questa
maschera però ci intrappola, racchiudendoci in una forma che ci imprigiona e
non ci permette di essere conosciuti ed apprezzati per la nostra vera essenza.
Di
conseguenza rimaniamo imprigionati nella forma in cui ci vedono gli altri e
questo provoca una profonda sofferenza e
il desiderio di toglierci la maschera per mostrare agli altri come veramente
siamo.
Ciò
accade dopo un fatto improvviso che ci fa prendere coscienza che quel modo di vivere non ci piace e che
vogliamo cambiare la nostra esistenza.
Gli
altri però percepiscono il nostro cambiamento come delirio o pura follia e non
lo accettano, chiedendoci di ritornare
ad essere imprigionati dalla maschera.
In
particolare , nel romanzo “ Uno, nessuno, centomila”, lo scrittore ci dice che
ognuno è “uno” , in quanto ogni uomo è
unico e irripetibile, “ nessuno” perché non corrisponde a nessuna percezione
parziale che altri hanno di lui, e “ centomila” cioè fatto di tanti aspetti
quanti vengono percepiti dagli altri.