A Silvia- Commento
L'interlocutrice silenziosa, il Tu a cui si rivolge il poeta è Silvia, una figura femminile divenuta simbolo del tempo che passa e della perdita di tutte le illusioni di felicità. Quest'opera non è una poesia d'amore, ma il poeta ha tratto ispirazione dalla rimembranza della prima adolescenza, quando erano ancora vive e fortemente sentite le illusioni di felicità, poi distrutte dalla ragione nell'età adulta.
Non si sa se Silvia sia realmente esistita e vissuta negli stessi anni del Leopardi o se sia totalmente frutto della fantasia del poeta, ma comunque il Leopardi l'ha trasfigurata, facendone l'immagine ed il simbolo della giovinezza.
Molti studiosi si sono chiesti chi sia Silvia, identificandola alcuni con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta ancora giovanissima di tisi, altri con Maria Belardinelli, figlia di un cappellaio. Questo nome è stato scelto dal Leopardi per la sua musicalità ed in riferimento alla ninfa amata dal pastore Aminta nella celebre opera di Torquato Tasso.
Questa lirica è una canzone libera, in cui compaiono strofe di diversa lunghezza ed un alternarsi di endecasillabi e settenari in maniera libera. Il poeta riprende il genere della canzone ma rinnovandolo rispetto al modello petrarchesco.
Fu scritta nel periodo in cui il poeta era radicato nella convinzione dell'immutabilità del tragico destino umano ( pessimismo cosmico).
A questo punto intervengono i ricordi, il canto di Silvia che risuonava tutt'intorno giungeva fino all'orecchio di Giacomo. La ragazza viene descritta, infatti, intenta ad intonare un canto mentre si dedicava alle "opre femminili", immaginando nel contempo un futuro bellissimo, pieno di sogni da realizzare.
Nella strofa successiva ritroviamo le abitudini del poeta, che trascorreva le sue giornate immerso negli studi, definiti nello stesso tempo amati e faticosi ( " Studi leggiadri" e "Sudate carte" ) e si affacciava la balcone della casa paterna per ascoltare meglio il suono della voce della fanciulla e sentire il rumore della sua mano che percorreva il telaio.
Poi uno sguardo tutt'intorno, partendo dalle cose vicine( il cielo e gli orti circostanti) fino ad arrivare alle cose più lontane, ammirando da una parte il mare Adriatico, dall'altra gli Appennini.
A questo punto il poeta riprende il dialogo con Silvia, dicendo che non riesce ad esprimere a parole quello che provava dentro di sé ( che speranze, che cori, o Silvia mia!)e come immaginava allora la vita, il futuro felice e pieno di speranze. Subito dopo ritorna alla realtà e dice che nel presente al ricordo di tutte quelle speranze sente dentro di sé tanta sofferenza e dolore.
Dal verso 40 abbiamo il racconto del destino di Silvia: ancor prima che arrivasse l'inverno ( l'età adulta) muore giovane a causa di una malattia incurabile, prima di aver vissuto la sua vita, i sentimenti più belli, tra cui l'amore.
Nell'ultima strofa il poeta ritorna a parlare di sé e dice che, ormai passata la giovinezza, come simboleggia la morte di Silvia, ha perso la speranza di essere felice.
Il poeta conclude con tanti interrogativi: Questo è il mondo? questa la realtà? Queste le belle illusioni? E si rende conto che il destino dell'uomo è fatto solo di infelicità.
Nessun commento:
Posta un commento