mercoledì 20 aprile 2016

Luigi Pirandello


Luigi Pirandello  è uno degli esponenti  più rappresentativi  della letteratura italiana e insieme agli altri autori Pascoli, D’Annunzio e Svevo rappresenta la corrente del Decadentismo europeo, di cui rielabora in maniera personale alcuni aspetti molto significativi
Pirandello fu autore di romanzi, novelle e testi teatrali dove trovano espressione tutte le sue idee e in  particolar modo il senso di solitudine nell’uomo del primo Novecento che,  dilaniato da guerre e dittature, non offre né certezze né punti di riferimento.

Attraverso le sue opere egli comunica al lettore le sue idee sulla vita, l’ uomo e la realtà lasciando un messaggio di pessimismo legato all’idea dell’infelicità e dell’incomunicabilità dell’uomo moderno.
Per questo motivo Pirandello esprime appieno la crisi dei valori del suo tempo e la mancanza di punti di riferimento che contraddistingue tutti gli artisti decadenti.
Egli aveva avuto modo di leggere e studiare molte opere  di autori italiani e stranieri, e nel suo percorso di studi in Germania, aveva conosciuto la cultura europea e tutte le nuove idee che circolavano in quel periodo.
In particolare fu influenzato dalla teoria della relatività elaborata da Einstein, secondo la quale nessun fenomeno della realtà può essere conosciuto in maniera oggettiva, cioè valida per  tutti gli uomini, ma tutto dipende dal soggetto che percepisce  e dal punto di vista da cui si osserva la realtà.
Questa teoria si diffonde in Europa agli inizi del ‘900 con la conseguenza che viene a mancare ogni certezza, non c’è più nulla in cui credere , né la fede religiosa né la scienza.
Questa teoria non riguarda solo i fenomeni fisici e naturali, ma anche l’uomo,  come dimostrato dagli studi di Freud che aveva individuato nella personalità umana tante sfaccettature, alcune evidenti e mostrate agli altri, altre tenute nascoste, come quella degli istinti.
Pirandello ebbe modo di conoscere la teoria freudiana della psicoanalisi anche in seguito ad un avvenimento tragico  che colpì la sua famiglia, la malattia mentale della moglie, che fece nascere in lui il desiderio di approfondire gli studi sulla psiche umana.
Così elaborò la teoria della maschera, secondo la quale ogni individuo per vivere in società ed essere accettato dagli altri, tende ad indossare una maschera, mostrando solo quella parte di sé che gli altri apprezzano.
Questa maschera però ci intrappola, racchiudendoci in una forma che ci imprigiona e non ci permette di essere conosciuti ed apprezzati per la nostra vera essenza.
Di conseguenza rimaniamo imprigionati nella forma in cui ci vedono gli altri e questo provoca una profonda sofferenza  e il desiderio di toglierci la maschera per mostrare agli altri come veramente siamo.
Ciò accade dopo un fatto improvviso che ci fa prendere coscienza  che quel modo di vivere non ci piace e che vogliamo cambiare la nostra esistenza.
Gli altri però percepiscono il nostro cambiamento come delirio o pura follia e non lo accettano, chiedendoci di ritornare  ad essere imprigionati dalla maschera.


Solo lo scrittore, grazie alla sua sensibilità  riesce a percepire il dramma profondo dell’uomo e ad esprimerlo nelle sue opere attraverso l’ “umorismo”, che Pirandello definisce  “ sentimento del contrario”, cioè la percezione del contrasto interiore dell’uomo.
In particolare , nel romanzo “ Uno, nessuno, centomila”, lo scrittore ci dice che ognuno è  “uno” , in quanto ogni uomo è unico e irripetibile, “ nessuno” perché non corrisponde a nessuna percezione parziale che altri hanno di lui, e “ centomila” cioè fatto di tanti aspetti quanti vengono percepiti dagli altri.